Diritto sindacale – sciopero

 – preventiva comunicazione nominativi personale precettato

L’omessa preventiva comunicazione da parte dell’azienda sanitaria alle organizzazioni sindacali dei nominativi del personale tenuto a garantire le prestazioni necessarie in caso di sciopero, costituisce condotta antisindacale.
Trattasi di prerogativa propria dell’organizzazione sindacale volta a tutelare il suo specifico interesse a sapere come verrà risolto il problema delle prestazioni indispensabili e a conoscere i nomi dei lavoratori tenuti a garantirle. (Tribunale Varese, decreto n.1895 del 17.8.2023)

Esternalizzazione servizio mensa

Diritto del lavoro – esternalizzazione servizio mensa – trasferimento azienda ex art.2112 cc.

In una ipotesi di esternalizzazione del servizio di mensa di una casa di cura, il Tribunale di Varese ha riconosciuto la sussistenza del trasferimento di azienda applicando i seguenti principi:

– non è decisiva, ai fini della configurabilità o meno di un trasferimento di azienda la tipologia contrattuale individuata dalle parti per disciplinare i rapporti (in questo caso era stato stipulato un contratto di appalto)

– “la stipulazione di un contratto di appalto non esclude la configurabilità di un trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. allorché la vicenda giuridica nel suo complesso comporti un passaggio di beni di non trascurabile entità tale da rendere possibile lo svolgimento di quella specifica impresa”

– “nei settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla mano d’opera, come nell’ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, è configurabile un trasferimento di azienda qualora il nuovo imprenditore non si limiti a proseguire l’attività, ma riassuma anche una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificatamente destinato dal predecessore a tali compiti, potendo corrispondere ad un’entità economica, idonea a conservare la sua identità al di là del trasferimento, un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune” (Tribunale di Varese, sentenza 242 del 12 settembre 2023)

Retribuzione delle ferie annuali

Diritto del lavoro – retribuzione delle ferie annuali – diritto ad una retribuzione omogenea a quella ordinaria

In tema di retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia, sussiste una nozione europea di “retribuzione” che comprende qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore.

La retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie deve ritenersi in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione.

Il fondamentale requisito di una omogeneità tendenziale fra la retribuzione delle ferie annuali e quella ordinaria del lavoratore va valutato, con riferimento al paventato effetto dissuasivo dell’eventuale scostamento, prendendo in considerazione i compensi erogati per “qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni” e “correlati allo status personale e professionale” del lavoratore, con esclusione dei soli elementi “diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie” sostenute in occasione dell’espletamento delle stesse”.  (Corte Appello di Milano, sentenza n.955 del 21.11.2023)

Diritto del lavoro – cooperative – 

Diritto del lavoro – cooperative –  diritto ad un trattamento economico complessivo  comunque non inferiore ai minimi previsti dal CCNL applicabile

Relativa a una ipotesi in cui i lavoratori soci di cooperativa, cui si applica il CCNL Metalmeccanica Industria, percepivano le retribuzioni sugli istituti differiti (tredicesima, ferie, ex festività e ROL) parametri all’attività effettivamente svolta e non a quella prevista dal divisore contrattuale.

Il principio applicato dalla corte è il seguente: “la limitazione del diritto al compenso alle sole ore effettivamente lavorate al di sotto dei minimi mensili è possibile solo in presenza di espressa riduzione dell’orario di lavoro rispetto al tempo pieno pattuita tra le parti in forma scritta” … “tale principio civilistico si armonizza con la specifica disciplina dettata dalla legge con riguardo alle società cooperative e con la giurisprudenza di legittimità secondo la quale […] al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, la cui applicabilità, quanto ai minimi contrattuali, non né condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 6 della legge 142/2001, che è destinato a disciplinare, essenziali,ente, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e a indicare le norme, anche collettive, applicabili, non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria” (Cass. 21.2.2019, n. 5189) (Corte d’Appello di Milano, sentenza 1167 del’11 dicembre 2023)